Nella solennità dei Santi Pietro e Paolo, la prima lettura della Messa riporta la miracolosa liberazione di Pietro.
Erode Agrippa, figlio di Erode Antipa e nipote di Erode il Grande, segue le orme dei suoi ascendenti in tema di violenza, e si accanisce contro i discepoli di Gesù. Tra gli apostoli, la prima vittima è Giacomo, fratello di Giovanni. Poi tocca a Pietro, che fa incarcerare con l’intenzione di metterlo a morte.
Avviene, però qualcosa di inatteso: mentre l’apostolo è in prigione, “dalla Chiesa sale incessantemente a Dio una preghiera per lui“.
L’intercessione corale e accorata di tutti, spinge l’intervento di Dio per la liberazione dalle catene.
Una misteriosa luce invade la cella in cui si trova Pietro, e accompagna la comparsa di un angelo inviato a liberare l’apostolo. Quella luce sfolgorante che squarcia il buio della cella è simbolo della presenza di Dio, che interviene a portare luce nelle celle più oscure dei pensieri e dei sentimenti.
Quindi l’angelo invita Pietro: “Alzati, mettiti la cintura e legati i sandali…metti il mantello e seguimi“.
Ogni liberazione richiede un cammino da fare con il Signore. Senza cammino spirituale, culturale, sapienziale, umano e psicologico, anche se raggiunti dalla grazia di Dio, restiamo fermi nelle nostre celle.
Commento all’omelia per la domenica dei Santi Pietro e Paolo, a cura del parroco, don Michele Fontana