La parabola di questa domenica parla di un ricco senza nome, e di un povero di nome Lazzaro. Quando quest’ultimo muore, viene portato nel seno di Abramo, al cospetto di Dio. Quando, invece, muore il ricco viene sepolto nell’inferno.
Perché il ricco è condannato? Per il lusso, gli abiti ricercati, il cibo opulento?No. Il suo peccato è stato l’indifferenza verso quel povero che ha trascorso la vita terrena davanti la sua porta, “coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla sua tavola“, ma da parte sua non un gesto, una briciola, una parola.
Il contrario dell’amore cristiano non è l’odio, ma l’indifferenza, che anestetizza il cuore e chiude occhi e orecchi.
Ascoltando questa parabola dovremmo sentirci tutti ammoniti. Tutti, infatti, siamo il ricco di cui parla Gesù quando rimaniamo indifferenti al genocidio dei palestinesi in Gaza, alle ingiustizie di chi subisce soprusi, a chi elemosina compagnia, piange sofferenza, grida aiuto.
Commento all’omelia della XXVI Domenica del Tempo Ordinario, del parroco, don Michele Fontana.
L’ indifferenza oggi più di eri è il male che porta a vivere una vita senza Dio, l’indifferenza non è un male solo fra i non credenti ma anche fra noi che ci professiamo cristiani.
Possa Dio illuminarci.