“Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo“.
Il racconto degli Atti degli Apostoli parla di un giorno che “stava compiendosi“, per cui siamo al tramonto.
Il riferimento è alle ore vespertine della festa ebraica di Pentecoste, che si celebrava cinquanta giorni dopo Pasqua.
La sottolineatura della fascia oraria, tuttavia, sembra manifestare la volontà di dare all’annotazione temporale un significato simbolico.
Ciò appare evidente qualche versetto dopo (non riportato nella Lettura di questa domenica) quando Pietro, subito dopo la discesa dello Spirito Santo, nello spiegare alle persone presenti a Gerusalemme il prodigio secondo cui ciascuno sentiva gli apostoli parlare la propria lingua, “si alzò in piedi e a voce alta parlò a loro così: Questi uomini non sono ubriachi, come voi supponente; sono infatti le nove del mattino“.
All’inizio il racconto aveva sottolineato che si era al tramonto, ora invece parla delle nove del mattino.
In mezzo non era trascorsa la notte, ma l’effusione dello Spirito Santo.
Sta qui, dunque, il messaggio che Luca vuole tramandarci con queste due annotazioni apparentemente in contrasto: lo Spirito Santo fa passare dal tramonto all’alba di un nuovo giorno.
Se anche noi stiamo facendo esperienza di qualcosa che sta tramontando, non restiamo impassibili a rimpiangere il passato che non tornerà più, ma lasciamo che lo Spirito Santo scenda nella nostra vita e trasformi ogni tramonto in nuova alba.
Commento e omelia per la domenica di Pentecoste a cura del parroco, don Michele Fontana
Possa lo Spirito Santo renderci testimoni di Cristo e missionari del Vangelo, solo così possiamo farlo scendere nella nostra vita trasformando ogni tramonto in nuova alba.