Tenda d’argilla

La tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni”.

Al termine della preghiera con cui chiede il dono della Sapienza, Salomone si esprime con queste parole nella prima lettura di oggi.

Il sostantivo “tenda” è una metafora tratta dalla vita nomade. Indica, quindi, ciò che è passeggero, e si riferisce non solo alla fugacità della vita, ma anche all’instabilità dei nostri pensieri e delle nostre convinzioni.

L’aggettivo “argilla“, invece fa riferimento alla creazione dell’uomo secondo il racconto della Genesi.

Definendo “tenda d’argilla” la condizione umana, quindi, il libro della Sapienza ricorda che siamo impastati di limiti e difetti (argilla) e nello stesso tempo siamo passeggeri e instabili (tenda).

Questa condizione frena il volo delle nostre menti verso ciò che è bene. Difatti facciamo continuamente esperienza della difficoltà di discernere la verità dalla falsità, la giustizia dell’ingiustizia, il bene dal male. Spesso pensiamo che sia bene una scelta, ma poi ci accorgiamo che non lo è; altre volte, invece, capiamo che era positiva una situazione che avevamo giudicato negativa.

Come fare allora? Come superare questo limite dovuto al nostro essere tende d’argilla?

La liturgia invita a chiedere il dono della sapienza a Dio. Un dono che riceviamo con lo Spirito Santo, ma che spesso è inutilizzato, come tante app dei nostri cellulari che lasciamo in quiescenza, perché non ce ne ricordiamo mai. Un dono che si attiva con la preghiera e la meditazione della parola di Dio.

Don Michele Fontana.

Commento all’omelia per la XXXIII Domenica del Tempo Ordinario.

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